Nel Metodo Classico dell’Alta Langa Docg parla il territorio

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di Maria Cristina Beretta

Ci sono voluti sedici anni prima che i produttori di Alta Langa Docg, lo spumante Metodo Classico del Piemonte, si decidessero a fare il punto della produzione. Così, al Castello di Grinzane Cavour (CN) si sono ritrovati per raccontare il perché di questa lunga attesa prima della presentazione ufficiale. «Siamo Sabaudi, abbiamo un carattere riservato – ha precisato Giulio Bava presidente del Consorzio Alta Langa Docg – e ci teniamo a presentarci con risultati più che collaudati».

Dopo dieci anni di sperimentazioni di uvaggi, precedute da un lungo lavoro di mappatura delle zone e studio su vigneti sperimentali si è arrivati a marzo 2018 con dati alla mano.

Un milione di bottiglie prodotte su 217 ettari vitati non tutti ancora in produzione e con potenzialità di triplicare i quantitativi nel giro di cinque anni, quando si dovrebbe arrivare a 350 ettari effettivi.

Un patto con la terra

La produzione non vuole essere esagerata prima di tutto perché si lavora su territori ben definiti: quelli delle fasce collinari destinati a Dolcetto e Barbera, posizionati sopra i 250 metri di altitudine su tre province: Asti, Cuneo e Alessandria. Il grande impegno che ha portato il progetto a dilungarsi è stato soprattutto la ricerca di terreni simili fra loro che si sono rivelati sostanzialmente poveri di argilla e con una buona componente calcarea. Un’altra componente importante che ne ha definito i quantitativi è il rispetto per la terra come l’eredità lasciata dai padri. È stato siglato infatti un “Patto con la Terra”, un progetto di studio e di ricerca che vuole custodire un territorio su cui lo sviluppo antropico sia rispettoso e civile, dove, quindi, sia le costruzioni umane sia l’agricoltura dovranno essere pensate per portare benefici all’uomo e al luogo. L’obbiettivo è stato messo in luce a seguito di riflessioni sulle diverse evoluzioni che hanno avuto le terre della Bassa Langa, quella della pianura, che a fonte di benefici immediati ha dato spazio a industrie e a costruzioni selvagge, e quelle dell’Alta Langa, che trovandosi in collina e montagna ha potuto preservare realtà ricche di natura e di cultura del territorio, fonti economiche ben più importanti per il domani.

Solo millesimati e almeno 30 mesi sui lieviti

In questo patto con la terra, le uve per l’Alta Langa nascono da un progetto che inizia in vigna. Solo partendo da una determinata posizione, altitudine, tipo d’impianto, tipo di vitigno, produzione contenuta, si hanno le uve giuste per iniziare il lavoro del vino. Come già accennato i terreni sono quelli con poca argilla in posizione collinare a partire dai 250 metri di altitudine, le uve sono di Pinot nero, con cloni selezionati per produrre spumanti e non vino rosso, e di Chardonnay. Il vino sosta sui lieviti non meno di 30 mesi mentre per la Riserva ne sono necessari 60. Tutti i prodotti nascono millesimati, niente cuvée di anni diversi. Anche questa è una bella sfida, la bravura sta nel fare un vino buono anche se la vendemmia non è al massimo. Le tipologie sono Bianco, anche Riserva, e Rosa o rosè, anche Riserva.

Con l’Alta Langa il Piemonte si riprende il vanto di aver messo per primo sul mercato lo spumante Italiano Metodo Classico. Era il 1865, autore Carlo Gancia. Lui si era recato in Francia, a Reims, per studiare il metodo produttivo degli Champagne. Al suo ritorno iniziò a sperimentare partendo dal vitigno Moscato. Gli ci vollero più di 15 anni di ricerca e studio per giungere a risultati soddisfacenti, utilizzando, come in Francia, Pinot Nero e Chardonnay. L’Alta Langa Doc aveva dunque nella sua storia metodo e vitigni, mancava il territorio. E ora c’è anche quello.

Bollicine sottili, profumi eleganti, grande armonia

I soci del consorzio sono 100, di cui 75 sono famiglie di viticoltori e 25 sono aziende a filiera completa. Una manciata di produttori ha scelto di vinificare solo Pinot nero in purezza.

Una caratteristica dell’Alta Langa sono le bollicine estremamente fini e sottili. All’assaggio infatti non si ha la sensazione di essere aggrediti dal sentore di lievito, come spesso accade. La lunga maturazione del vino base permette di avere un prodotto molto armonico, il corpo è in equilibrio con i profumi e al gusto la sapidità è calibrata. C’è solo da divertirsi a fare gli abbinamenti a tavola, non solo con i piatti piemontesi, ovviamente. Il logo dei tre cerchietti, scelto dal Consorzio, racchiude il profilo della catena del Monviso riconoscibile per la sua punta che emerge sulle altre e che si confonde nella spuma delle bollicine.

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