Le Brasciole di Guardiagrele

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Gino Primavera, abruzzese di Guardiagrele, è un cultore della natura e gran conoscitore di erbe e funghi oltre che studioso delle tradizioni e della cucina del suo territorio: sono uomini come lui che consentono la sopravvivenza del buon mangiare, anzi del buon vivere, delle campagne raccogliendone la storia, gli aneddoti, gli antichi modi perché una ricetta tradizionale non è soltanto una più o meno ghiotta formula gastronomica ma è antica saggezza nutrizionale, è amore perché concepita e composta per i propri cari, è cultura quotidiana. Iniziamo con le “Brasciole” i suoi articoli sulle nostre pagine, augurandoci che altri amici di diversi territori seguano il suo esempio.

Le “brasciole”, con la “sc”, sono un piatto storico di Guardiagrele , tipico e irripetibile in altri luoghi, che contende alle “Sise delle monache” il primato nella tradizione gastronomica guardiese. Da inserire nei piatti da salvare.
Le “brasciole” di cavallo o di asino (per i puristi), polpette di carne macinata condite con sale, peperoncino, aglio e prezzemolo tritati, e poi rosolate lentamente in padella, appartengono sicuramente all’archeologia alimentare di Guardiagrele.
Nate probabilmente dall’antica arte dei “chiochiari” che, utilizzando le pelli equine per fare le “chiochie”, antiche calzature dei contadini, ne consumavano poi le carni. Sul consumo di carne equina ci sono vecchi tabù alimentari che risalgono a una bolla papale di Gregorio III nel 732 nella quale si raccomandava di “usare le dovute punizioni che, con l’aiuto di Cristo, impediscano di mangiar cavalli”. Nel medioevo vi furono altri editti contro il consumo di carne di cavallo, con varie motivazioni, ma il vero scopo era quello di proteggere l’animale, in quanto indispensabile per vincere le guerre: una buona cavalleria era il maggior punto di forza degli eserciti. Le brasciole sono state definite in un articolo su “Sapori d’Italia” come “le polpette bollate dal papa”.
L’ippofagia negli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso era considerata ancora consumo socialmente sconveniente e si racconta a Guardiagrele che le bestie, macellate per ricavarne la pelle, venivano interrate di giorno e tirate fuori dalla terra di notte per mangiarle. Ancora oggi molte persone non consumano carne equina, a loro dire per un senso di pietà, in verità per l’antico gene del tabù alimentare che proibiva di mangiare carne di cavallo. Le stesse persone, d’altronde, consumano tranquillamente agnellini e capretti, la cui morte per scopi alimentari dovrebbe ispirare un senso di pietà maggiore, ma non ci sono mai stati tabù nei confronti di questi animali, anzi il consumo delle loro carni era reso possibile da sacrifici di natura religiosa. Mia nonna cucinava quantità inusitate di carne di cavallo, per l’abbondanza di quella che mio nonno, chiochiaro, ricavava dall’uccisione degli animali per ricavarne pelli. Ma le cucinava per i maschi della casa, le cucinava sempre con lo stesso tegame, divenuto “impuro” e utilizzabile solo per quello scopo, le metteva in tavola e se ne andava: non voleva neanche vederle mangiare per i suoi geni nei quale era scritto a fuoco il tabù atavico!
Pensate ancora che fino a poco tempo fa, per vendere carne di cavallo erano necessarie macellerie specifiche che vendevano solo carne equina, e non c’è nessun motivo di tipo igienico o di altra natura per questa segregazione alimentare, se non il gene del tabù! E allora, a Guardiagrele, per consumare carne di cavallo bisognava in qualche modo esorcizzare il tabù: la carne, macinata e ridotta a polpette insieme all’abbondante peperoncino e alla cottura lenta e prolungata, perdeva l’identità di “carne equina” che, così camuffata, poteva essere gustata sotto forma di “brasciole” senza problemi, anzi con orgoglio di guardiesità! Il vero Guardiese se ne mangia almeno una decina innaffiandole con un buon Montepulciano.

Le “brasciole” di cavallo guardiesi, diverse da quelle pugliesi che sono involtini al sugo, si possono acquistare già preparate nella macelleria equina di Ferrari Angelo, Guardiagrele¸ ma i Guardiesi spesso preferiscono comprare la carne e farsele in casa perché ritengono le proprie come le migliori: tra le varie scuole di pensiero riportiamo la ricetta ufficiale fornita dalla macelleria stessa.

Ingredienti

  • 1 kg di carne di cavallo macinata fine (di asino per i puristi), di secondo taglio e non troppo magra
  • 10 g di sale
  • peperoncino fresco tagliato finemente, o secco tritato grosso con presenza dei semi
  • una manciata di prezzemolo tritato
  • due spicchi d’aglio tritati
  • una cipolla piccola
  • 2 foglie di alloro
  • olio etra vergine di oliva
  • circa mezzo litro di vino bianco

Allarghiamo su un tagliere la carne macinata due volte e aggiungiamo sale, peperoncino, prezzemolo e aglio finemente tritati; amalgamiamo bene tutto. Confezioniamo delle polpette di 40 g l’una pressandole bene; lasciamole cuocere in padella a fuoco molto basso con l’olio e il vino (o semplicemente in acqua e olio), la cipolla intera e le foglie di alloro, fino ad assorbimento quasi totale del liquido di cottura, girando di tanto in tanto. Serviamo con la salsa di cottura.

 

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