Porcomondo 2018: brevi considerazioni sul porco nella storia e nella società

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di Pietro D’Alessio

1 miliardo e 200 milioni è il numero di suini che oggi sul Pianeta vengono allevati ed “alimentano”, costantemente, il sistema economico-produttivo mondiale. 6.000 sono i litri d’acqua necessari per produrre 1 kg di carne di maiale.

Il maiale, eclettico protagonista delle tavole italiche, merita alcuni spunti di riflessione. Tanto per cominciare: in quale paese è più apprezzato il maiale e dove avvenne la sua prima domesticazione?

Il primo produttore e consumatore di carne suina è la Cina, dove già dal 4-5000 a.C. si allevava l’animale in modo sistematico. Esso diventa parte integrante della società, tanto che l’ideogramma della parola casa/famiglia si compone di due segni, uno che indica il tetto e l’altro il maiale. È tra i 12 segni dell’astrologia cinese.

L’epopea del maiale e del suo legame socio-gastronomico con l’uomo, quindi, inizia diversi millenni fa, in Oriente, si espande in un’area che dalla Nuova Guinea, passando dalla Mezzaluna fertile, arriva sino all’Europa, alle isole britanniche, fino al Marocco: dopo il cane, il maiale è considerato a pieno titolo il più antico amico dell’uomo.

I vantaggi del porco

Ma quali fattori hanno determinato il particolare legame/idillio tra l’essere umano e il porco? In primo luogo i suini, sono straordinariamente prolifici, crescono rapidamente di peso e realizzano il massimo del rapporto fra investimento nell’allevamento e resa. Sono onnivori e, nonostante siano una formidabile fabbrica di proteine, non sottraggono, a parte l’acqua (e di certo non è poco) alcun tipo di risorsa importante all’uomo.

Il porco si alleva in fretta, è ricco di sapori, tutta la sua carne può essere trasformata e conservata. In passato, se allevati allo stato brado, i suini sfruttavano i prodotti di aree non-agricole non interferendo neppure con le aree riservate agli erbivori. In un allevamento stabulare, il maiale veniva alimentato in gran parte con i residui alimentari e con quelli agricoli. In casa, con gli avanzi quotidiani e a volte con le feci.

In Europa, a partire dal Medioevo, gli ospizi, gli ospedali e gli ordini conventuali (fra cui i frati di Sant’Antonio del porcello) utilizzavano i maiali come netturbini per i loro rifiuti. Anche le città, prima di dotarsi di servizi di nettezza urbana, usavano branchi appositi di suini. Fino ad Ottocento inoltrato – quindi quasi sino ai giorni nostri, città come New York, Napoli o Londra, ricorrevano a questa – per noi oggi singolare – modalità di raccolta differenziata.

Va ricordato che per i Conquistadores delle Americhe i quarti di porco salato e i branchi che seguivano le loro spedizioni si rivelarono non meno decisivi delle artiglierie. Tutto cominciò con gli otto esemplari che Colombo aveva portato dalla Spagna nel suo secondo viaggio del 1493.

Il porco e la religione

Anche se da molti apprezzato, il porco da millenni è stato continuo bersaglio di proibizioni, specialmente dalle religioni islamica ed ebraica. Infatti, il tabù del maiale si ritrova in tutta l’ampia zona di nomadismo pastorale dal Nord Africa al Medio Oriente fino all’Asia centrale. In pratica nei territori con scarsità d’acqua, per cui proprio l’elevato consumo che ne richiede l’allevamento ne potrebbe essere la motivazione concreta.

Nel Cristianesimo viene associato a elementi simbolici negativi, connessi ai vizi respinti quali: ingordigia, sensualità e lussuria.

Mentre nelle primigenie religioni ancestrali politeiste il porco assumeva forme e caratteri positivi legati alla sua fecondità (nell’Edda, antico poema nordico, per esempio, Sæhrímnir è un maiale che si trova nel Valhalla (palazzo dove risiedono le anime degli eroi periti in guerra); ogni giorno viene bollito e la sua carne divisa e consumata, ma la sera è di nuovo intero.

Altri elementi positivi sono rappresentati dall’intensa prolificità dei suoi due cicli annuali della riproduzione e dal rapporto psicologico con la profondità che esso trascina per la capacità di annusare e scavare il terreno.

Simpatico, ne ‘La fattoria degli animali’ di G. Orwell, è il ruolo di capo rivolta che il maiale assume contro i padroni che sfruttavano gli animali.

Il porco, i Romani e la Pianura Padana

Per i Romani, il maiale è il vero animale da carne. Ovidio, nelle Metamorfosi, riporta che gli uomini nell’età dell’oro erano vegetariani e la prima carne che essi mangiarono fu quella del maiale. Plinio, nella Naturalis Historia, invece, riconosce alle interiora di maiale la virtù di un eccezionale stimolante sessuale, esalta il pregiatissimo fegato di scrofa ingrassata a fichi venduto col nome di ficatum assieme ad altre ghiottonerie come le mammelle e la vulva di scrofa, ritenuta efficace contro il malocchio.

Il primato della Pianura Padana nell’allevamento dei suini e nella trasformazione delle loro carni risale almeno all’epoca gallo-romana. Catone (III sec. a.C.), nel suo De Agri Cultura (o De Re Rustica), e Varrone (I sec. a.C), nell’opera ugualmente chiamata De re Rustica, presentavano i Galli Cisalpini come i maggiori esperti nella lavorazione della carne suina, affermando che a Roma si importavano da queste zone ogni anno migliaia di quarti di carne di maiale salata e di prosciutti.

A partire dal III e IV secolo d.C. ai Longobardi tocca introdurre un sistema di allevamento metodico dei maiali allo stato brado. Proprio nella grande selva di pianura di Migliarina a Carpi (MO) pascolavano nel X secolo oltre 4.000 porci, di cu­­­i 400 andavano alla proprietà, il convento di Santa Giulia di Brescia, come decima porcorum o ghiandatico, tassa di origine feudale (detta anche escatico), dovuta per poter condurre maiali o altre bestie a pascere nei boschi.

Risulta importante sottolineare la distinzione che veniva operata tra la silva fructuosa – quella glandifera, la cui estensione si calcolava in numero di maiali (silva ad incrassandum porcos), che veniva accuratamente coltivata – e la silva infructuosa, o altrimenti vulgaris, che serviva solo per il legname.

In una dieta che per il grosso delle popolazioni rurali padane era forzatamente vegetariana e povera di proteine animali, l’autoconsumo è il perno intorno al quale ruota il mondo contadino e il maiale era lla principale fonte carnea: ricca di proteine e grassi, di carni gustose e adatte a molteplici trattamenti. Carni che si conservavano a lungo tramite l’affumicatura e la salagione, entrando così nella logica della gestione del cibo nei tempi di magra e freddi, quando frutta e verdure fresche scarseggiavano.

Il lardo e lo strutto erano i principali grassi impegnati in cucina: si parlava, infatti, di “civiltà dell’olivo” e “civiltà del maiale”, pur se anche in quasi tutti i territori vocati all’ulivicoltura lo strutto e il lardo erano i grassi più impiegati dal popolo.

Curioso è il caso della salsiccia gialla, di cui si sono perse tracce e testimonianze gastronomiche (salvo la piccola azienda di Urbino “Rinascimento a Tavola” che l’ha recuperata, ovviamente innovandola, basandosi proprio su ricette rinascimentali), citata in documenti del 1547. Questo salume veniva confezionato dai Salsicciai a Modena che producevano 2 tipi di Lucanicae, una definita rossa e l’altra, appunto, gialla che si preparava usando carne porcina, zafferano, formaggio, spezie e uova di qualità.

Porcomondo

Dal punto di vista alimentare e gastronomico l’egemonia della carne suina non è mai stata posta in discussione in quasi tutte le culture culinarie del mondo.

Il maiale è consumato almeno in 180 paesi. Citiamo solo alcune delle numerose specialità nazionali e regionali a base di carne di maiale: la Sara slovena, lesso di maiale con verdure; il maiale all’alentejana, Portogallo, con vongole e coriandolo; le tonkatzu, cotolette di maiale di cui il popolo giapponese è ghiotto; il thit keo kho, maiale caramellato alla thailandese; ancora, il porceddu (maialino da latte) sardo, il cui omonimo spagnolo è detto cochinillo (specialità del ristorante Candido, di Segovia, dove ogni giorno vengono serviti/sacrificati almeno 500 maialini…); infine, il dinuguan filippino, filetto di maiale al sanguinaccio e la choucroute alsaziana, trionfo di carne di maiale e crauti.

 Alcune proprietà medicali e terapeutiche del porco

Il sangue del maiale è il più simile a quello dell’uomo tra tutti gli animali. In medicina l’eparina, che si ricava dal suo intestino, è l’anticoagulante più importante; mentre, l’insulina, ormone estratto dal suo pancreas, serve per gestire i diabetici. Con il lardo si curava il fuoco sacro alias di S. Antonio. Decine sono i rimedi popolari suino-mediati.

Notizia recente, e per certi versi inquietante dal punto di vista etico, è che la penuria di organi destinati al trapianto umano ha spinto i ricercatori del SALK INSTITUTE DI S. DIEGO, CLA. ad incrociare alcune componenti genetiche umane con quelle corrispettive di un suino originando “organi chimera” uomo/maiale volti a testare la loro compatibilità e futuro possibile utilizzo e trapianto sull’uomo.

Per concludere, la battuta di De Niro su Trump “Stupido maiale!” sarebbe inappropriata, perché, contrariamente a quanto si possa pensare, studi scientifici effettuati sul comportamento degli animali confermano che, assieme al polpo, il maiale è tra gli esseri animali più intelligenti.

Probabilmente, non gli diamo il tempo di imparare perché lo mangiamo presto…

L’ideogramma cinese casa/famiglia: in alto il segno del tetto, sotto quello del maiale.

Il bassorilievo raffigurante una scrofa posto sul Palazzo della Ragione in piazza Mercanti a Milano, risalente al VII secolo a. C., pare abbia a che vedere con la fondazione di Mediolanum da parte dei Galli.

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Maiale di razza Cinta Senese nell’Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti (1338/1339, Palazzo Pubblico di Siena).

La Porcina (bollito misto di maiale) di Bepi Sciavo a Trieste.

Il tradizionale Porceddu sardo.

Un grande classico della cucina giapponese, il Tonkatsu.

… Una passerella dei nostri capolavori merito di una cultura norcina che nasce da Etruschi, Lucani, Celti, Longobardi… fino a giungere a una varietà di salumi che rasenta 1000 diverse tipicità!

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Mini glossario e curiosità

Una prima importante distinzione è quella tra:

– il cinghiale o cignale, Sus scrofa, suino selvatico

– il maiale domestico, Sus scrofa domesticus, quello consumato da milioni di individui.

Storicamente possiamo anche distinguere tra:

– Maiale, porco castrato, nella mitologia latina veniva sacrificato alla dea Maia, dea della fecondità del risveglio della natura e della primavera.

– Porco dal greco porikos, che fa buchi, fori nella terra, grifola. Il naso grifo serve per scavare e cercare cibo e tartufi.

– Cincurris, incrocio tra cinghiale e maiale (come riporta anche un glossario benedettino del Seicento:dicitur natus ex apro silvestri et domestica porca”).

– Scrofa, femmina gravida del maiale o troia, termine che designava anche il maiale che nei banchetti imperiali – come nella cena di Trimalcione di Petronio – i cuochi Romani riempivano di uccelli e polli, a somiglianza del cavallo di Troia.

– Verro, maschio non castrato.

– Lattonzoli, porcellini da latte.

Peso: da adulto, parte da appena 40 kg (per alcune razze giapponesi) e può arrivare a 500 kg (razza Yorkshire) per fiere e concorsi. Raggiunge fino a 2 metri di lunghezza e 1 di altezza.

La regola di gestazione è: 3 mesi, 3 settimane, 3 giorni – 114 giorni. A 2 mesi è svezzato, a 8 è adulto. Aumenta anche 6 etti/die.

10-12 anni sarebbe la sua vita media. Alcuni esemplari sono arrivati a vivere fino a 20! Ma vengono uccisi molto prima. In passato nascevano a luglio o a settembre, pesando 1 kg e mezzo. Oggi con i sistemi “stressati” a ciclo continuo nascono tutto l’anno.

Yorkshire, con Large white e Landrace sono le razze – a manto rosa e giunte in Italia dal Nord Europa a partire dal 1873 – preferite per l’allevamento industriale.

Le razze italiche – a manto scuro – come la Mora romagnola, l’Apulo-calabrese, la Cinta senese – sono più rustiche, pretendono un allevamento brado o semibrado e sono in via di recupero e rivalorizzazione.

Importante suddivisione tra suino leggero e pesante. Il primo viene macellato quando raggiunge al massimo i 100–110 kg di peso vivo, il secondo tra i 150 e i 180 kg negli allevamenti industriali, ma anche oltre, fino a 240 e più chili, in quelli che utilizzano le carni per la salumeria più tradizionale e, comunque, di alto livello qualitativo. L’allevamento del suino pesante è una realtà peculiare italiana e spagnola (il resto del mondo occidentale alleva solo suini leggeri).

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