Pantelleria crocevia della storia dell’agricoltura

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Dall’isola di Pantelleria possono giungerci importanti risorse per un recupero di antiche varietà cerealicole e soprattutto informazioni assai utili per affrontare le emergenze salutistiche del terzo millennio (allergie, intolleranze…) e persino i problemi dovuti al cambiamento climatico? È quello che sperano i ricercatori del Centre d’Ecologie Fonctionelle & Evolutive (appartenente al CNRS, l’equivalente francese del nostro CNR) e del Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo. Gli studiosi sono infatti impegnati in un lavoro dal titolo “Mobilità e resilienza socio-ecologica delle isole Mediterranee – Il caso dell’isola di Pantelleria”.

Ma cos’è la resilienza? Nell’Enciclopedia Treccani è così definita: “La velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato; le alterazioni possono essere causate sia da eventi naturali, sia da attività antropiche.”

Appare evidente come il cambiamento climatico in essere ci porti a porgerci una domanda preoccupante: le conseguenze sull’agricoltura saranno drastiche e irreversibili? Per assurdo dovremo produrre olio e vino in Nord Europa e caffé e cacao nelle Langhe e a Montalcino?

Un’isola come Pantelleria, le cui vicende storiche documentate e presunte ne hanno fatto un crocevia di genti che, nel corso di millenni, hanno portato abilità e derrate, compresi semi, ovvero agrobiodiversità, è sicuramente un laboratorio vivente perché, oltre all’isolamento tipico di un’isola lontana dalle coste continentali, è anche parco nazionale tutelato. Quanti cambiamenti climatici ci sono stati nel corso dei millenni, e quante invasioni più o meno ostili o amiche di popoli diversi? Cosa hanno cambiato? Quali sono stati i livelli, perlappunto, di resilienza. E cosa è rimasto di antiche spighe o antichi baccelli, magari inselvatichiti o ignorate presenze nel campetto di qualche contadino? Gli studiosi francesi e palermitani sono convinti ci sia molto da scoprire a Pantelleria della storia agricola e, quindi, della storia delle genti, andando a ricercare ciò che resta di ambienti e microambienti che hanno conosciuto le zappe dei contadini millennio dopo millennio, secolo dopo secolo. E non è solo una questione di diverse varietà, ovvero di diversità genetica, ma pure di diversità culturale, ovvero di pratiche agricole e stili alimentari nella loro evoluzione e nel loro radicamento. E ovviamente della mobilità di questa agrobiodiversità e diversità culturale nel Mediterraneo. I ricercatori sono convinti che i risultati non saranno soltanto cultura e conoscenza del passato ma uno strumento di lavoro per il futuro non solo di un’isola. E hanno già fatto molti passi avanti. Ve li racconteremo un po’ per volta in queste pagine e ne discuteremo in un talk show durante il prossimo Vinitaly che, speriamo, si svolgerà a giugno.

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