Il Prosciutto di Parma cambia organo di controllo e disciplinare

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A Vinitaly, nel padiglione del SOL&Agrifood, martedì 21 aprile alle ore 10,00 in sala convegni l’Accademia delle 5T conduce un talk show dal titolo “Prosciutti crudi Italiani” un futuro da reinventare. Il Prosciuttificio Tanara di Langhirano sarà con noi al talk show ed esporrà nell’area Biodiversità e Tipicità da noi gestita.

 Chi vuol comprare il prosciutto a Londra o a Parigi e chiede rispettivamente ham o jambon porta a casa prosciutto cotto: se vuole quello crudo deve precisarlo, ma non con l’aggettivo raw o cru, bensì con una parola magica: Parma. Da un certo punto di vista per la città emiliana e, in generale, per l’Italia del cibo, è un motivo d’orgoglio ma ogni medaglia ha il suo rovescio: anche l’industria più becera vuole avere nel suo catalogo il prosciutto di Parma.

Ecco, quindi, che i tanti furbastri che non possono né vogliono rispettare il disciplinare (e non possono utilizzare il marchio Prosciutto di Parma) si inventano frasi, nomi, immagini che evocano Parma (o Langhirano). Non è così difficile stare in quella inea di confine tra il legale e l’illegale che consente una vera e propria truffa.

Parrebbe quindi ovvio puntare, come è stato sempre fatto più o meno bene, su un’informazione diffusa che evidenzia il marchio del Consorzio del Prosciutto di Parma.

Tutto risolto, quindi?

Nossignori, perché il disciplinare della DOP Prosciutto di Parma non rispetta la vera storia di questo potenziale capolavoro: le sue regole tendono a standardizzare il prodotto al livello minimo accettabile, non impongono parametri che garantiscano un prosciutto dolce e di eccellenza.

Chi fa un gran Prosciutto di Parma – e i prosciuttifici che garantiscono un’autentica eccellenza sono parecchi – lo fa al limite delle regole del disciplinare, ovvero applica i valori massimi, magari sforando anche un po’ sulle dimensioni dei maiali.

Quando, recentemente, sono venuti a galla scandali relativi alla correttezza dei controlli, finalmente si sono resi conto proprio tutti che fosse ora di intervenire prima che il Prosciutto di Parma perdesse fascino e credibilità, l’hanno capito persino quei pezzi grossi – allevatori e industrie – che pensano solo a spendere pochissimo a spese dei poveri maiali maltrattati e dei consumatori obnubilati dal video.

Così un primo passo fondamentale è stato fatto: i controlli sono stati affidati a un ente serio, CSQA, ma ciò impone una revisione del disciplinare, come chiedono da tempo coloro che hanno l’”assurda pretesa” che il Prosciutto di Parma mantenga, o piuttosto riconquisti, la leadership mondiale del prosciutto crudo.

Naturalmente l’industria becera e gli allevatori iperintensivi hanno un’ampia maggioranza nel Consorzio, ma la difesa appassionata degli atavici valori territoriali da parte di una minoranza che ci crede sul serio qualcosina ha ottenuto.

Ecco quindi un nuovo disciplinare che, purtroppo, dovrà seguire tutta la lunga trafila di questa Europa tutta burocrazia e poco buon senso, un nuovo disciplinare che, a parte un ritocco della stagionatura minima da 12 a 14 mesi, continuerà a permettere ai più beceri di fare “prosciuttelli” ma favorirà i migliori nel fare Prosciutti di Parma DOP all’altezza della loro fama. Finora invece, a parte le “sviste” (stavolta con un buon fine) dei controlli, erano costretti a proporli come riserve particolari al di fuori del marchio DOP.

“Una modifica molto importante – ci spiega Paolo Tanara, un produttore che fa un signor Prosciutto di Parma – l’abbiamo ottenuta: il peso del maiale non sarà più quello dell’animale vivo, ma quello della carcassa. Se prima il disciplinare prevedeva un maiale vivo di 160 chili + o – il 10%, con le nuove regole sarà la carcassa a poter pesare a freddo da 110 a 170 kg, il che significa che noi che puntiamo a un prosciutto come vuole la tradizione e, soprattutto, dolce e adatto alle lunghe stagionature possiamo contare su maiali che raggiungono i 200/220 kg.”

Non c’è stato nulla da fare, invece, sull’età minima dei maiali che resterà di 10 mesi contro ogni logica e tradizione parmense.

“ Quanto al peso della coscia – aggiunge Paolo – può giungere fino a 18 kg. La stagionatura di una coscia più pesante non è facilmente controllabile, può qualche volta saltar fuori un gran prosciutto, ma è casuale. Un Prosciutto di Parma DOP ottenuto da una coscia di 17/18 kg dopo 24 mesi pesa 12/13 kg, un bel prosciuttone, profumato, con un grasso bello rosa, dolce e con un gusto persistente intenso.”

Già, le grandi dimensioni sono il primo parametro di eccellenza di un prosciutto. Da non perdere l’assaggio dell’Antico Bianco di 30 mesi di Tanara, per ora non DOP proprio perché troppo grande per i parametri del disciplinare attuale (http://www.tanaragiancarlo.it/).

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