I microbi del nostro intestino sanno come difenderci dal cancro

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Riceviamo dal prof. Nicola Antonio Uccella, professore DIMEG, Unical, e presidente di IRESMO Foundation.

(a conferma – n.d.r. – dell’importanza di tutelare la Biodiversità microbica)

Meditate gente!

Il microbioma, batteri intestinali, può fermare lo sviluppo del cancro. Vari tipi di batteri intestinali possono essere in grado di inibire lo sviluppo del cancro. Le prove dimostrano come alcuni ceppi di batteri intestinali benefici siano in grado di contrastare i danni genetici, l’infiammazione e rallentare o addirittura completamente fermare lo sviluppo di alcuni tipi di cancro. Già in precedenza i ricercatori avevano scoperto batteri intestinali capaci di determinare o prevenire l’obesità e altre patologie, come ad esempio disturbi del metabolismo, del sistema immunitario e complicazioni psichiatriche. Nei millennia, i batteri intestinali erano evoluti in batteri buoni e batteri cattivi, i buoni con proprietà antinfiammatorie, mentre i cattivi con proprietà pro-infiammatorie.

Topi, con mutazione genetica ad altissima incidenza di sviluppare la leucemia, il linfoma e altri tipi di cancro, sono stati divisi in due gruppi. A uno sono stati somministrati dei batteri probiotici anti-infiammatori e all’altro gruppo dei batteri infiammatori e anti-infiammatori di norma coesistenti nell’intestino. Il risultato ha mostrato, nel gruppo somministrato con i probiotici, che il linfoma ha impiegato decisamente più tempo rispetto all’altro gruppo. Ed è vissuto fino a 4 volte di più rispetto all’altro gruppo. Analizzando i metaboliti nelle loro urine e feci si è scoperto che i topi trattati con i probiotici producevano metaboliti ben noti per prevenire il cancro. Questi topi avevano un più efficiente metabolismo ossidativo. Entrambi i fattori contribuiscono agli effetti anti-cancro dei batteri intestinali benefici.

Per rendere l’idea dell’enorme impatto dei batteri intestinali, l’Homo edens comunemente contiene nel suo corpo 10 triliardi ca di batteri e solo 1 triliardo di cellule. Deve riflettere su quale e quanto mangia. Così, l’Homo edens nutre alcuni batteri, mentre ne danneggia altri, ed è dimostrato che i carboidrati raffinati sostentano i batteri cattivi. È stato isolato il Lactobacillus johnsonii 456, il più abbondante batterio tra i buoni da usare facilmente fuori dall’ambito terapeutico. Appartiene al ceppo dei lactobacilli e può essere facilmente adoperato per preparare lo yogurt, il kefir, il kombucha e i crauti. Il batterio scoperto riduce il danno genetico e contrasta significativamente l’infiammazione, obbiettivo importante, influente sui fattori con un ruolo chiave in molte patologie, incluso il cancro, le neurodegenerative, le cardiache, l’artrite, il lupus e l’invecchiamento.

In futuro, possiamo essere in grado di valutare il rischio di cancro solo con l’analisi quali-quantitativa dei batteri intestinali nel corpo dell’Homo edens. Poi prescrivere dei probiotici per sostituire o incrementare l’ammontare di batteri con proprietà anti-infiammatorie. Non è invasivo ed è piuttosto facile da fare. In precedenza, era stata mostrata la prima evidenza di una relazione tra i batteri intestinali e lo sviluppo del linfoma, un tipo di cancro originato nel sistema linfatico. Poi, è intervenuta la spiegazione di come il microbiota – flora intestinale – possa contrastare lo sviluppo del cancro e il suggerimento di come l’integrazione con probiotici possa prevenire la formazione del cancro.

In futuro, i probiotici, a potenziale chemiopreventivo, possono ridurre l’incidenza del cancro nella popolazione con microbiota a rischio. Tutto molto importante, insieme con il collegamento cancro-Candida, fungo patogeno di popolazione nell’intestino dell’Homo edens. La Candida e i disturbi intestinali sono patologie universali. Sono affrontati troppo alla leggera, nella speranza di qualche rimedio per risolverli. Mentre, invece, una semplice variazione di stile alimentare e di vita può produrre la prospettiva futura del Veronesi cassandrico: una persona su due sofferente di cancro.

Robert Schiestl e  ricercatori, Università della California, studio, su PLoS ONE.  

 

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