È il Passone di Montevecchia il “Ristorante con il cestino al braccio” 2020

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Durante Vinitaly, l’Accademia delle 5T assegnerà un nuovo riconoscimento: il “Ristorante con il cestino al braccio”, ovvero che valorizza i doni spontanei della natura.

Erano gli anni che precedevano di poco la nascita della televisione: la sera si andava in trattoria, che era pure il bar dove si giocava a scopone. Non c’era paese che ne fosse privo. La domenica arrivare da Milano fino a Montevecchia era roba da cittadini benestanti, non c’erano autostrade e la mangiata “fuori porta” lo era di nome e di fatto. Si veniva fin quassù per i formaggini, il salame e il Pincianel, un vino fatto con tante uve diverse, compresa la vietatissima uva americana. Si veniva pure per cogliere castagne sulla prima collina che si affaccia sulla Val Padana: dal crinale talvolta si vede Milano e, voltando il capo, ecco le cime innevate delle Grigne e del Resegone, che Leonardo usò come sfondo dei suoi capolavori e il Manzoni come silenziose testimoni della fuga di Lucia. La salita al colle era ed è tutt’oggi un’immersione nel ghiotto profumo di “arrosto”, perché Montevecchia è la collina del “rosmarino di Milano”. Qui la famiglia Cogliati possedeva l’azienda agricola e la posteria. Poi nel 1953 aprì la Trattoria Passone, dove il vino nato dalle vigne di proprietà faceva compagnia ai salumi fatti con i maiali di casa e ai “furmagitt”, i formaggini dei contadini. La moglie di Franco Cogliati, Elvira, aveva la mano felice in cucina, così la cacciagione con la polenta e altri piatti rustici si aggiungevano a salumi e formaggini.Piano piano cresceva la famiglia insieme alla trattoria, i ragazzi imparavano a stare in cucina, a condurre la sala, e due di loro divennero anche sommelier. Cresceva anche il locale, intorno al camino seicentesco di un ex convento. La Trattoria divenne Ristorante Passone quando ebbe l’ardire di inventare il piatto “strano”. Il “coniglio al caffè” suonava estroso ma aveva il gusto del buon arrosto di casa: più di rosmarino che di caffè! Però bastò per far parlare del Passone, che da buon ristorante lombardo doveva dare importanza al risotto e creò il suo: quello al rosmarino. Il salto di qualità arrivò negli anni Ottanta del secolo scorso, quando i giovani Cogliati aderirono al Gruppo Micologico di Missaglia organizzandone le cene tutte funghi ed erbe spontanee e iniziando a ospitare serate a tema anche su altri prodotti, vini in testa.

Il menu si fece sempre più vivace e intanto cresceva la struttura, con l’intelligenza di investire più in cucina che in sala. Ecco così il Passone di oggi, un’azienda familiare fatta di persone, di ambienti, di idee. Le persone sono alla seconda e ormai anche alla terza generazione: Fabrizio in sala ma anche indaffarato con la sua vigna, il suo orto, oggi persino con l’uliveto e un ottimo olio; Walter a condurre le sale e a occuparsi di una cantina e una collezione di distillati sempre più fornita; Guido, lo chef, con la sorella Pierangela e la moglie di Walter, Lorenza, in cucina, dove li aiutano collaboratori cresciuti da lustri con i Cogliati, in particolare Piero e Mauro; ed ecco Susanna, Massimo e Veronica, esponenti della terza generazione che hanno scelto l’attività di famiglia contribuendo ad ampliarla con la pizzera Tre di Merate, una foresteria con bellissimi appartamentini, il maneggio…

Gli ambienti si sono fatti più importanti, con la consapevolezza che la qualità del cibo dipende dalla razionalizzazione dei luoghi di lavoro. Ecco perché la cucina è enorme e con spazi ben suddivisi per le varie fasi di preparazione: così tutto può essere fatto in casa. I Cogliati non si limitano a un’ottima cucina tradizionale del luogo: cercano le novità tra i prodotti di nicchia, scelgono con cura gli ingredienti, si aggiornano sulle tecniche di cottura, hanno acquisito un’invidiabile competenza in tema di vini e oli, curano la presentazione. E hanno anche affinato la pasticceria: che idea la crema caramellata al rosmarino!

Dove è necessario il colpo di fantasia, si affidano spesso alla creatività della natura accettandone i doni e non esitando a proporli. E questa è la passione di Fabrizio, il portatore dell’eredità contadina della famiglia: nonostante il gran lavoro che gli tocca per la cura del grande parco (ideale per le fotografie egli sposi), del vigneto, dell’orto, degli asini, dell’uliveto, non rinuncia a raccogliere e portare in cucina le diverse erbe aromatiche e verdure spontanee dei loro terreni. Né rinuncia a utilizzare, con il controllo dei micologi, anche i funghi che crescono nei terreni di famiglia e quelli che i micologi stessi portano.

Fabrizio Cogliati: il maggiore dei fratelli è l’anima contadina e naturalistica della famiglia, è lui “con il cestino al braccio”.

Guancetta California con spugnole ed erbe di campo saltate.

Faraona con i finferli.

Insalatina di piovra con orzo perlato e fiori di campo.

Maialino brianzolo con prugnoli e spugnole, Tortino di silene e borragine.

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